APPROFONDIMENTO CRITICO
Giovanni Battista Ciolina dovette percorrere innumerevoli volte la mulattiera che da Toceno scende a Santa Maria Maggiore, fin dall’epoca in cui, poco più che fanciullo, frequentava i corsi della Scuola di Belle Arti Rossetti Valentini formandosi all’insegnamento di Enrico Cavalli. Ciò non gli impedì tuttavia di cogliere le suggestioni di un ambiente abituale, specie in quelle variazioni di luce e di atmosfera che il suo maestro insegnava a rappresentare attraverso una tecnica dove la pennellata, più che essere descrittiva, diventava evocativa, ignorando il rigore della rappresentazione realistica e basandosi sull’uso del colore piuttosto che sulla precisione del disegno. Non v’è dubbio che Campanile di Crana al tramonto sia opera della maturità, eppure in essa Ciolina mostra con evidenza il persistere dell’insegnamento di Cavalli, legato con tenacia alla pittura di Adolphe Monticelli, portata ai giovani allievi quale fondamentale riferimento.
Le larghe, evidentissime pennellate non descrivono con minuzia un soggetto che Ciolina conosceva tanto bene da non doverlo rappresentare dal vero, ma piuttosto lo costruiscono liberamente sul telaio dell’albero in primo piano e del campanile sullo sfondo, unici elementi immediatamente riconoscibili. Il resto è una successione quasi libera di robusti tocchi in cui il colore è il protagonista e, contemporaneamente, attraverso i contrasti impostati su una base calda bruno-giallastra, riesce a rendere con una poesia senza pari l’avvolgente luce di un tramonto vigezzino autunnale. Magistrale è l’uso del viola tra i rami dell’albero a evocare le case del villaggio, ormai ridotte a masse d’ombra nella luce crepuscolare, richiamata dai tocchi di rosa e di verde nel cielo, capaci di infondere la sensazione della limpidezza dell’aria alpina. D’obbligo è il confronto con Campanile di Crana, evidente bozzetto la cui incompiutezza nulla toglie all’efficacia di una scena unitaria, imperniata sulla chiesa che occhieggia tra gli alberi e protende il campanile verso un cielo intensamente azzurro. Le pennellate, pure qui costruttive, si impongono ancora di più nel loro lasciare trasparire la preparazione della tela; e il gioco di contrasto tra i toni riesce a restituire una luce che, piuttosto che riflettere quella del cielo, sembra sprigionarsi direttamente dalle cose, in un’ora indeterminata del giorno che rimanda più alla sensazione interiore che alla rappresentazione realistica.
Ben diverso il carattere di Pecore al pascolo a Crana: il suo più immediato appeal lo rivela opera destinata alla vendita, rassicurante nella sua pacata restituzione quasi fotografica. Permeato da una morbida e calda luce incentrata sui toni del giallo, il quadro gioca sul controluce del tardo sole pomeridiano autunnale che fa risaltare il piccolo gregge in primo piano e attraversa, impreziosendole, le fronde dell’albero sulla sinistra. Domina una pennellata pastosa, che tuttavia lascia spazio a quella costruttiva nell’albero al centro, in secondo piano, ottenendo quell’effetto di luminosità vibrante che era tanto caro ai Divisionisti, ma che Ciolina costruisce con tutt’altra tecnica.
Approfondimento critico a cura di Paolo Volorio.
Ricerca e adattamento testi e immagini a cura di Chiara Besana.