2 - La passeggiata giornaliera

Bisogna assolutamente vivere di una vita vivace ed energica, ed accondiscendere in parte a quanto richiede il corpo; poiché è pienamente assurdo credere che questo sia un semplice strumento dello spirito. (…) Il morale ed il fisico vi sono l’uno per l’altro, non vi sarebbe il morale senza il fisico, e così alla viceversa (…). È per questo che si deve una cura al corpo quanto allo spirito, tenendolo continuamente ad un esercizio ginnastico, acciò che tutta la persona sia sempre in un apparato di vita sciolta, sempre pronta a scattare come una molla tostoché il pensiero abbia concepito una volontà, e di somministrarle tutti quei bisogni, svaghi e riposi che questa richiede, onde possa sempre mantenersi in quello stato di sanità di vigore, che come ripeto sarà di grande giovamento allo stesso spirito.

Marzo 1896. Diari di Giovanni Battista Ciolina. Trascrizione di Paolo Ciolina

APPROFONDIMENTO CRITICO
Quando, agli inizi del Novecento, Ciolina realizzò per la villa del senatore Alfredo Falcioni a Domodossola il ciclo delle Stagioni in valle Vigezzo fu costretto, dai vincoli del salone in cui doveva essere collocato, a ridurle a tre: Autunno, Inverno e Primavera-Estate. Ciononostante, egli amava affermare di essersi attenuto alla realtà nell’unificare le due stagioni di rinascita e floridezza della natura, di cui Buttogno in un pomeriggio di fine settembre è rappresentazione di rara suggestione. L’ampio sguardo sulla valle, restituito con un respiro che le piccole dimensioni della tavoletta non limitano minimamente, esplode in una luce tersa che il maestro ottiene per mezzo di una materia pittorica vibrante e tormentata, specie nel cielo. Non vi sono ombre a sottolineare le volumetrie, tranne quella esile, quasi invisibile, del tronco dell’albero che domina la composizione e che, contemporaneamente, diventa il perno attraverso cui il pittore restituisce lo spazio: senza di esso la successione di piani in luce ed in ombra dei versanti e dei villaggi di Crana – che appena emerge- e di Buttogno che si staglia lontano, risulterebbe piatta; e la veduta senza profondità.

Come in molti altri lavori del maestro la scena non è descritta, ma piuttosto costruita dalle nette pennellate, stese senza alcun vincolo di oggettività nel rappresentare le cose, lasciate più all’intuizione visiva che al riconoscimento dei dettagli, nel solco della tecnica che Paul Cézanne aveva messo a punto a fine Ottocento. È prima di tutto una rappresentazione dell’aria e della luce, piuttosto che delle cose, le quali si riducono a pretesto, a veicolo per rendere pure sensazioni fisiche: prepotente è l’impressione di sentire sulla pelle l’ultimo tepore estivo tra i refoli d’una brezza che sta diventando frizzante, di percepire nelle narici i profumi dell’autunno imminente nella nitida luce settembrina, che tuttavia comincia a velarsi nel lontano cielo rivolto ad occidente.

La pittura tarda di Ciolina sviluppa sempre più liberamente la tecnica di Buttogno in un pomeriggio di fine settembre, con una libertà del segno e della pennellata larga, costruttiva che spesso lascia trasparire il colore sottostante, come appare evidentissimo in Mattina di settembre, realizzato undici anni dopo (1951). Qui la tecnica dei piani alternati in luce ed in ombra appare con una evidenza incisiva e costruisce la scena attraverso masse contrapposte con una sapienza ammirevole. La gran massa scura degli alberi, tuttavia sciabolata dal giallo e dal rosso-bruno, rende ancor più vibrante lo scorcio di Toceno dominato dal campanile e dalla chiesa in piena luce: quella stessa luce che esplode in primo piano, nell’angolo in basso a sinistra, e che il prato ondoso di verdi spenti e dello stesso rosso bruno rende ancor più abbacinante. È stupefacente come l’unione del colore libero, quasi innaturale, e della pennellata solo apparentemente stesa di getto, in realtà frutto di una consumata tecnica e di straordinaria abilità, riescano a restituire con efficacia un paesaggio in cui nemmeno un centimetro quadrato è rappresentazione realistica, ma solo pura pittura.

Non si potrebbe dare un contrasto più netto di quello tra Mattina di settembre e Pastorella con pecora al Ranton, che il figlio Paolo pure datava al 1951: appare più ragionevole assegnare invece l’opera agli anni ’20 del Novecento, non tanto per il soggetto o per la figurina della pastorella, che ripropone identica quella dell’acquarello La Catrelo che fa la calza del 1914, o ancora per la forma contorta, quasi innaturale della betulla che la sovrasta, omaggio evidente al simbolismo di Le cattive madri di Segantini (1894), quanto per la tecnica pittorica. Infatti Ciolina qui dispone il colore con un tocco più tormentato, quasi amalgamandolo sulla tela, richiamando la tecnica della petite tache insegnatagli in gioventù da Enrico Cavalli, così da far vibrare la luce tanto sul prato giallo quanto sulle rocce e sugli alberi, già tinti dei toni autunnali. Matura appare invece la articolazione dei piani in luce ed in ombra, tuttavia resa con diverse soluzioni: in contrasti netti nel gruppo di pecore, nelle lunghe tracce sul prato e sulle rocce (date dagli alberi? O dalle nuvole?) e nella vegetazione sullo sfondo; e invece morbida, con toni quasi spenti nel gruppo di sinistra con la donna seduta, le due pecore e il prato in primo piano, reso in un verde acquoso, quasi grigiastro, che fa pendant col tormentato, ferrigno tronco della betulla.


Ricerca e adattamento testi e immagini a cura di Chiara Besana. 
Approfondimento critico a cura di Paolo Volorio.

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